Sette anni sono trascorsi dalla morte di
Aligi Sassu. Da allora, varie mostre hanno consentito una
rilettura della sua opera, considerata quella di uno dei più
grandi disegnatori e coloristi del XX secolo. Ma molto resta
ancora da scoprire, soprattutto per quanto riguarda le molte
suggestioni che Sassu derivò, interpretandole secondo la sua
indole e il suo linguaggio, dal clima e dai modelli delle
avanguardie storiche.
Allo scopo di questo approfondimento culturale risponde
un’importante esposizione aperta fino al 18 novembre a Villa
Filippini in Besana Brianza (Milano):Ippos. Il cavallo fra
mito, arte e leggenda, che mette a confronto i soggetti
“equestri” di Sassu con quelli - in pittura e scultura - di
tre coevi maestri del ’900: Giorgio de Chirico, Francesco
Messina, Marino Marini. Una mostra ambiziosa, intorno a un
soggetto che ricorre nell’intera lunga attività sassiana, dagli
Uomini rossi degli anni ’30, alle Battaglie, alle scene
mitologiche, ai paesaggi, e persino nelle opere
sacre
Ideatore della mostra è Carlos Julio Sassu Suarez, figlio
adottivo di Sassu, che per ben tredici anni è stato vicino
all’artista ed è stato poi il promotore dell’Associazione
onlus “Amici dell’arte di Aligi Sassu”, la cui finalità è
appunto quella di far conoscere e divulgare, tramite mostre e
pubblicazioni, l’eredità culturale del pittore sardo. In quanto
responsabile dell’Archivio Sassu, Suarez è attualmente
considerato uno dei massimi conoscitori dell’opera del maestro,
ed è un punto di riferimento per chiunque (storici, critici,
mercanti, galleristi ecc.) desideri studiarla e collezionarla.Aligi
Sassu
Lei ha conosciuto Aligi Sassu personalmente. Quando e in quali
circostanze iniziò la vostra frequentazione? E che ricordo ha
lei, adesso, dell’uomo e dell’artista?
Nel marzo 1987 fu lo stesso Aligi Sassu a chiedermi di aiutarlo
assumendo le funzioni di suo assistente e di coordinatore
dell’archivio: un ruolo essenziale e non più rimandabile,
considerata la vasta produzione pittorica, grafica, scultorea,
ceramica e anche letteraria del maestro.
Io ero arrivato da poco in Italia con la mia famiglia. Subito
acquistai un computer e mi dedicai alla schedatura. Ma
soprattutto, da allora, ebbi il privilegio di stare accanto a
Sassu fino alla sua morte: lo accompagnavo in fonderia, in
stamperia, alle mostre che lui era solito visitare; gli stetti
vicino nell’occasione del grande murale che gli fu commissionato
dal Parlamento Europeo: un’opera di 150 mq che richiese un anno
di intenso lavoro fra progettazione ed esecuzione.
Lei mi chiede che persona fosse Aligi sotto l’aspetto umano:
come la maggior parte dei sardi, risultava a prima vista piuttosto
chiuso, ma dentro aveva un cuore grande. Certo non fu facile per
me guadagnare la sua fiducia; pian piano però, vedendo l’amore
che portavo al suo lavoro, mi aprì tutte le porte. Una fiducia e
un affetto culminati nel 1995, quando decise che io diventassi suo
figlio adottivo.
Proprio in quell’anno, avevo curato l’edizione del secondo
volume del catalogo ragionato dell’opera grafica - incisioni e
litografie - di Aligi. Sempre in quell’anno cruciale, egli stava
conducendo con la città di Lugano le trattative per costituire la
Fondazione a lui dedicata, con l’intento di dar vita ad una
realtà culturale che ricordasse il suo lavoro, partendo da un
nucleo di opere significative e non separabili.
Perché la Fondazione non venne realizzata a Milano, città in
cui l’artista aveva sempre vissuto?
Sassu era da anni alla ricerca di un luogo al quale lasciare la
sua più vera eredità. Mi parlò esplicitamente della natia
Sardegna, ma anche di Firenze - insigne capitale dell’arte -, di
Parma, città che amava molto. Da Milano lui si attendeva molto.
Ma le risposte tardavano ad arrivare. I Comuni italiani, e
soprattutto Milano, sembravano spaventati dalla prospettiva di
gestire una simile realtà. In Italia è difficile dialogare con
gli enti pubblici, afflitti da budget ridotti e da una cronica
instabilità amministrativa. Ma non desistemmo, fin quando si
propose la municipalità di Lugano, accettando da parte del
maestro la donazione di 362 fra dipinti, sculture e grafiche,
opere che vennero assegnate alla storica sede di Villa Ciani.
Come si giunse, invece, alla nascita dell’Associazione, qui
in Brianza?
In Italia c’era oggettivamente un vuoto, considerando l’entità
storica e culturale dell’opera di Sassu. Prima ancora che
l’artista morisse, fin dal 1998, ritenni giusto darmi da fare
per realizzare qualcosa che ne custodisse e onorasse la memoria.
Fu il Comune di Besana Brianza a farsi avanti, avendo ricevuto in
dono la struttura di Villa Filippini, nella quale intendeva creare
un polo culturale ed espositivo. Nella Villa trovò così sede
l’Associazione, che ormai da sette anni collabora col Comune di
Besana alla progettazione e all’allestimento di eventi d’arte.
Da chi è costituita l’Associazione?
Da persone della società civile e del mondo dell’impresa, da
amici, tutti accomunati dall’ammirazione per l’opera di Sassu
ma anche, e soprattutto, dalla passione per la cultura.
Quali sono state, fino a oggi, le principali mostre realizzate
dall’Associazione?
Abbiamo voluto dare una cadenza biennale, preferendo - visti gli
alti costi - puntare sulla qualità degli eventi. La prima mostra
fu un’antologica sulla scultura di Sassu, con 150 pezzi: una
rassegna davvero bellissima, che per la prima volta offrì un
approccio congruo ed esaustivo all’opera plastica del maestro.
Seguì la mostra delle ceramiche, nelle quali i lavori di Sassu
vennero accostati a quelli di Picasso e di Fontana, sempre
offrendo letture comparate. Nel 2005, fu la volta di una mostra
storica sinottica sugli artisti di Corrente che vissero e
lavorarono in Brianza: oltre a Sassu, Cassinari, Migneco,
Morlotti, Treccani. E oggi, ecco l’altrettanto impegnativa
mostra sul tema del cavallo. Insomma, partendo sempre dall’opera
di Sassu, si vuole stimolare una scoperta, una conoscenza e una
riflessione circa l’arte italiana di ieri e di oggi.
Qual è, secondo lei, il giudizio storico che oggi possiamo e
dobbiamo dare riguardo la figura di Sassu? Quali le luci e quali
le ombre?
Per quanto riguarda il giudizio di merito, bisogna riconoscere in
Sassu uno dei sommi artisti figurativi del ’900 europeo; un
artista che è stato anche un precursore. Coi suoi Uomini rossi
egli ha indubbiamente influenzato se non ispirato - date alla mano
- la Transavanguardia. Negli anni Trenta e Quaranta del XX secolo,
con quadri come i Caffè e le Maison Tellier, Sassu
è stato testimone, in presa diretta, di un’epoca. Oggi il
sistema dell’arte, della critica e del collezionismo cosiddetto
“colto” sembra trascurare la figurazione, i cui valori
rimangono però prediletti dal grande pubblico. E Sassu è sempre
stato fedele a quei valori, che sono tipicamente moderni, anche se
la seconda metà del secolo è stata più segnata dall’Informale
e dall’Espressionismo astratto americano.Aligi
Sassu
Parliamo infine dell’attuale mercato di Aligi Sassu.
E’ un artista che mantiene le quotazioni, che sono adeguate alla
qualità delle opere, la quale risulta sempre alta, anche nei
disegni e nei lavori su carta. In Sassu il collezionista che ama
l’arte figurativa trova valori - storici, culturali, economici -
consolidati. Aligi Sassu
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