Che cosa
significano questi pensieri di Aligi Sassu, al di là di
un'orgogliosa personale rivendicazione?
Questi
pensieri, piuttosto, vanno al cuore di una questione
fondamentale dell'arte ceramica del XX secolo, che è il
superamento dell'itinerario obbligato della ceramica come arte
applicata, decorativa e l'affermazione invece della" stessa
ceramica come arte, come ricerca attraverso un materiale
specifico per nuovi sbocchi all'espressività. Non poteva esser
preso altro termine di confronto che Pablo Picasso, per porre
subito e francamente la questione, anche se non vi fosse stata
contiguità fra Vallauris e Albisola. […]
Picasso
nell'azzardo assume i dechets, gli scarti o rifiuti, li
trasforma, li fa preziosi. Quando non tutto è avvenuto in
questa direzione radicalmente innovativa ad Albisola,
l'influenza di Picasso ha avuto qualche peso ma anche
nell'indurre degli stereotipi in chi gli faceva eco.
C'è stato
anche là l'innesto con la tradizione, il dialogo con il vasaio,
col ceramista. E lo sa bene Sassu che, d'origine non proprio
ceramista, ne ha sperimentato però la fattualità vera e
propria, già nel primo approccio dalla fine degli anni Trenta
fino ai primi dei Quaranta con Tullio d'Albisola, ma soprattutto
nel 1947 a Castel Cabiaglio in quel di Varese, e poi ancora ad
Albisola negli anni seguenti. Egli lo sa bene perchè parte
delle sue opere pittoriche su maiolica, che non sono in questa
mostra e che a significative campionature Mario De Micheli
pubblicò nel 1988 e nel 1989, giocano straordinariamente con le
forme di servizi da tavola tradizionali e barocchette della
ceramica savonese-albisolese, annullandole e servendosene nei
profili e nelle connotazioni primarie con la forza del segno
pittorico istantaneo, e con la veemenza cromatica, fiammeggiante
persino dirompente. […]
Il
caso Sassu nel rapporto ceramica-pittura si mostrava -tuttavia
-sempre singolarissimo, coraggioso, valido per la passionalità
gestuale e cromatica, con cui infrangeva le regole maioliche
dell'ordine, del calligrafismo, della decorazione stereotipa. Lo
si vede bene nell'ampia campionatura di questa mostra. […]Gli
stessi "bozzetti" dei cavalli, dei fantomatici
arlecchini o guerrieri o armieri, dipinti in spazi più
suggeriti che descritti, rappresentano una interessante variante
grafico-pittorica di quelli realizzati plasticamente: qui la
massa e le sue quasi infinite varianti, là le possibilità
innumerevoli del segno. Su questa grande e rara capacità di
usare dei colori ceramici e dei processi tecnici come pittura tout-court,
ho avuto già modo di rilevare pari capacità singolarissime
in certi pittori della scuola faentina della seconda metà del
XIX secolo che "facevano il moderno", fenomeno che non
ha avuto tanto seguito. Anche a sua insaputa, Sassu
pittore-maiolicaio lo vedrei su quella linea e via via fino a Il
mito del Mediterraneo, recente monumentale pannello a
piastrelle per la sede del Parlamento Europeo a Bruxelles,
grande epopea allegorica d'Europa. […]
Qual'era
dunque la novità della ceramica ad Albisola, con Broggini,
Fontana, Fabbri, Sassu e altri ancora? Era nel frequentare le
locali botteghe artigiane, l' aver scoperto quel che poteva
trovarsi d'espressivo nel materiale primario, nella
manipolazione stessa dell'argilla, nel suo magma, nel
trasformarla poeticamente col colore, nei suoi processi di
consolidamento con il fuoco, nel preordinare i disastri
tettonici, nell'ardimento delle masse tirate fino a sfrangiarle
e contorcerle in spessori estremi..., era nel virtuosismo stesso
delle mani. Non s'interveniva, come Picasso, sulle morfologie
storiche, colte o popolari che fossero, ma s'individuavano nel
materiale stesso, nella sua struttura malleabile, nei processi
di trasmutazione, nelle inedite possibilità plastiche,
svincolate totalmente dagli stereotipi della storia della
ceramica. Il futurismo stesso, che tendeva a sovvertire le
forme, non giunse mai a tanto, anche se il sovvertimento era
alla sua stessa costituzione, anzi programmaticamente esplicito
ha condotto nell'interscambiabilità figurativa e plastica delle
altre arti coeve ma anche antiche.
[…]E
dunque le pagine autobiografiche di Sassu sulla ceramica
riportate qui in appendice, il brano riportato all'inizio di
questa nota, sono il frutto di una lucida consapevolezza
critica. L'artista è stato consapevole del fenomeno che lo ha
visto coinvolto, e che ha aperto nuove strade alla scultura e
alla ceramica insieme. Si può ben dire che le novità
s'attestano tuttora nella continuità e su qualche sviluppo di
quel percorso, e non solo in Italia, che è stato anche più
arduo di chi ha percorso il sentiero minimalista,
"povero", della terracotta. E stato più arduo in
quanto ha sfidato, sullo stesso suo campo, la cosmesi del colore
e della decorazione ormai sfibrata dall'uso di secoli
soprattutto a partire, in Italia, dall'arte della maiolica in
età rinascimentale. Quando ho occasione di parlare con
direttori di musei o studiosi, ad esempio giapponesi o
statunitensi, e m'interrogano su quali italiani io collocherei a
rappresentare scultura e ceramica nei loro musei d'arte
contemporanea, io insisto particolarmente su questo filone, di
cui Sassu rappresenta una delle punte dell'iceberg, ed è per
tutti una grande sorpresa. Avvertono subito la priorità delle
esperienze italiane, male o poco conosciute, su vari fenomeni
internazionali d'avanguardia nella scultura e nella ceramica del
XX secolo.
Una
annotazione finale va infine dedicata ai disegni per ceramiche
che qui vengono pubblicati, ritengo, per la prima volta.
Essi
sono datati alla fine degli anni Quaranta, in prevalenza 1948 ma
anche 1950. Interessante sottolineare in questi schizzi la
ricerca delle forme più che delle decorazioni: da una parte,
pare di notare un'attenzione su morfologie tradizionali;
dall'altra s'appalesa l'attenzione di una deformazione di forme
secondo certe tendenze dell'epoca, con suggestioni metamorfiche
minerali e vegetali; una terza con spiccata accentazione
plastica fra il secessionista e il cubista; una quarta tendenza,
infine, è la ripresa di un barocco molto accentuato in stretta
connessione con le superfici dipinte. È pensabile che almeno le
prime due espressioni su indicate, con caratteristiche di
produzione aziendale, si riferiscano alle ceramiche realizzate a
Castel Cabiaglio: mentre le barocche del 1950 sono più
caratterizzate artisticamente in forte connessione fra
realizzazione plastica e pittorica e dovrebbero riferirsi
all'attività ceramica in Albisola.
Da
porre infine l' attenzione sui due divertenti schizzi di
paesaggio e di cavalli, falsi Sassu fatti nel 1954 da Lucio
Fontana: testimonianza di un sodalizio che, al di là di due
itinerari che si manifestarono con gli anni sempre più diversi,
certamente sorresse il cammino dell'arte per entrambi.
Aligi Sassu l'opera ceramica,
a cura di Gian Carlo Bojani con la collaborazione di Carlos
Julio Sassu Suarez, Il Vicolo, Cesena, 2000.
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