Realismo […] Pur
accettando una stretta periodizzazione dell' opera di un maestro com ' è
Aligi Sassu, conviene tener conto di due parametri distinti: la storia
delle arti quale si configura nel secolo XX e quella personale
dell'artista. I due parametri entrano in contatto dialettico, spesso si
incrociano, talvolta si fondono. Ma soltanto l'artista manierista soggiace
al primo e solo l'impossibile creatore anarchico può rispondere
unicamente al secondo. Il Sassu
futurista è il giovanissimo che si affida a ciò che egli crede il
"moderno", il Sassu primitivista è il giovane che reagisce al
gusto ufficiale. Ma la vera storia dell'artista prende corpo quando la sua
maturazione culturale diventa tutt'uno, vita e arte. Questo momento magico
per Sassu avviene nel 1934-1935 in connessione col suo primo viaggio a
Parigi, l'incontro con gli allievi di In merito
a quest'ultimo tema, il giovane Sassu si era sempre dimostrato sensibile
alla pittura di paese, città e campagna, ma le sue notazioni paesistiche
postfuturiste (faccio riferimento agli anni che vanno dal 1929 a11933)
sono caratterizzate da quella visione primitivista -case enormi
prospicienti, piazze e vie deserte, con un colore accentuato, alberi magri
come macchie abbreviate, senza fogliame -comune in quegli anni ai paesaggi
di Birolli, Del Bon e Breveglieri, giovani amati da Persico che come lui,
frequentavano i caffè milanesi del Craja e del Mokàdor. Ma nell'estate di Campodolcino (1934) Sassu si è trovato con
un occhio nuovo davanti allo scroscio solenne delle cascate alpine, i
picchi aguzzi delle montagne, la varietà di rocce e di alberi in una
visione incantevole dell'eterna natura come l'aveva vista Courbet tanti
anni prima. Il richiamo a Courbet, alle dense, fonde immagini di rocce e
foreste che dipinge nel suo Jura franco-svizzero, può sembrare fuori
luogo di fronte al colorito espressionista, esagerato di rossi, gialli e
azzurri di Sassu. Ma è pertinente perchè qui Sassu si è completamente
liberato dalle forme meccaniche, puramente intellettuali, degli inizi
futuristi, superando in assoluto il primitivismo dei suoi precedenti
paesaggi. Questo
passaggio non corrisponde affatto a una crisi formale ma è frutto di una
reazione dell'artista nei confronti dell'impoverimento spirituale
provocato dal diffondersi delle teorie che interpretavano la natura entro
una visione meccanicistica, come quella dei futuristi, oppure di retorica
dell'antico, secondo i canoni imperanti del novecentismo. Questa
idea è subito confortata dalla svolta cui Sassu perviene quando affronta
la figura, dallo schema novecentesco del primo dipinto dei Ciclisti (1929)
a quell'irruente approccio al realismo narrativo che si trova nella
bellissima tela degli Amanti (1934) dove, con una materia pittorica
ricca ed esuberante una bella donna dai capelli color Tiziano si trascina
il timido compagno in rosso nell'unità dei volti, simbolo forse
autobiografico dell'amor giovane. La
scoperta entusiastica, ormai libera da pregiudizi formalistici, del
"reale", sospinta dalla nuova conoscenza della grande pittura
dell'Ottocento, cerca uno spazio idoneo saldandosi col sogno mitologico
che, sulla lontana linea di Delacroix, Sassu ha sempre coltivato nel
sollievo del quotidiano al quale si è sempre rivolto. E così si giunge
al grande dipinto Gli Argonauti nella Colchide (1935). […] Il pittore
ha rotto il vaso sacro del mito antico e la poesia pervade la ricchezza
della natura esuberante della primavera del genere umano. Nel breve, ma
tanto intenso, arco di tempo che corre dall'autunno 1934 alla primavera
1937 (egli fu arrestato per cospirazione antifascista il 6 aprile 1937) la
pittura di Sassu tenta di conciliare il divino del mito con un sempre più
aperto approfondimento del reale che si manifesta nella vita artefatta dei
caffè parigini e milanesi, dove riversa il suo desiderio di vita e di
amore, sollevando alla dignità dell'arte la stessa presenza delle facili
donne di avventura. Alcuni dei dipinti impostati in questi anni, verranno
portati a compimento solo dopo la sua liberazione dal carcere di Fossano.
Così l'opera L'attesa, folgorante di rossi, gialli e azzurri,
completata ne11938, e quel capolavoro che è Il Grande Caffè, finito
nel 1939.. un telero, come quello dei grandi pittori veneti del
Cinquecento, col quale Sassu entra nella storia dell'arte italiana come
vero erede della pittura impressionista -nata in Francia da Manet a
Renoir- nella sua autonoma esaltazione cromatica. […] Fra il 1935 e il 1939 si susseguirono gli anni più drammatici del secolo
dal punto di vista politico, quelli che portarono con breve corso alla
tragedia della seconda guerra mondiale. […] Più
volte ho detto di questo momento fatale (si veda La grande stagione, Ed.
Arithelios, 2001) in cui noi giovani antifascisti italiani ci siamo
sentiti portati a combattere una battaglia sul piano internazionale. Sassu
fu tra questi e diventò un militante di punta di questa lotta, nel
pericolo continuo di una malvagia repressione. Stava preparando la
diffusione di volantini pieni di speranza dopo la vittoria antifascista
della battaglia di Guadalajara che salvò Madrid, quando fu incarcerato e
condannato a dieci anni dal Tribunale Speciale. La vita si ruppe ma non
l'arte; anche in prigione egli continuò a disegnare e a elaborare
nell'animo il proprio futuro creativo. La militanza antifascista,
praticamente attiva, di Sassu, di cui sono uno dei pochi testimoni
rimasti, si era manifestata anche nell'esercizio artistico. L'opera Fucilazione
nelle Asturie ispirata alla feroce repressione prefranchista del
movimento operaio in quella regione mineraria, come il dipinto Spagna 1937; certamente allusivo ai massacri franchisti di quell'anno, ci
confermano come in breve tempo Sassu avesse accantonato, prima del suo
arresto, i suggerimenti primitivisti di Persico, Venturi, Garbari,
Maritain. Dal discorsi si passava all'azione. […] Dopo l'interruzione del carcere (durata un anno e
mezzo) Aligi Sassu passa la mano dalla vita attiva alla vita spirituale
(che Dante definiva "contemplativa") dell'arte, che tutto ripara
e conserva. […]
La mortificazione del carcere non ha infatti domato Sassu, il quale non si
accontenta della tematica mitologica ne di quella della vita moderna, caffè,
donne allegre, ninfe, nudi. Sassu imposta, come un'articolazione positiva
assolutamente originale, il tema dei Concili, che si stacca
nettamente dalle opere di soggetto religioso derivanti dall'influenza
esercitata in gioventù da Edoardo Persico e dalle letture di Jacques
Maritain. Il tema del concilio non è il rifugio dell' "anima
bella" nella religione e nell'arte pura, è una critica alla Chiesa
che, nella sua dominante autorità, allontana la religione stessa dal
mondo degli uomini, isolandosi nella sua grandezza di superpotenza, più
destinata a comandare che a guidare la folla degli umili. […] Le
crocifissioni e le deposizioni di Sassu del periodo 1941-1943 sono state
dipinte nell'angoscia della guerra in corso. Il tema era un grande sfogo
per gli artisti di Corrente. […] Negli anni
di Corrente (Sassu espone presso la Bottega di Corrente nel 1941) miti,
storie antiche anche tratte dai poemi omerici come La morte di Patroclo
(1945), si mescolano -non contemplando il periodo della reclusione a
Fossano dove egli meditava questi temi sfogandosi con una fitta serie di
disegni (350 pare)- ed opere di soggetto religioso. […] Il pittore
già futurista, primitivista, l'artista che idealizza gli "uomini
rossi", ha avuto la ventura, sulla base di una esperienza scontata e
sofferta, di diventare il cantore di un dramma unico e irripetibile (benchè
di massacri ce ne saranno ancora tanti) di un momento storico eccezionale.
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