Primitivismo
Luciano Caramel

[…] Nonostante gli indubbi agganci alle compatte solidità plastiche e alle fisse campiture futuriste, che tuttavia Sassu fa deragliare verso significazioni "candide", il primitivismo cui autonomamente l'artista approda nel 1929 con un'opera già di grande impegno e di tutto rispetto quale i Ciclisti si qualifica come una scelta di campo retta da motivazioni non primariamente stilistiche, ma soprattutto esistenziali ed etiche. "Certi temi apparentemente neutri", ribadirà Sassu, "per me avevano un significato morale. I Ciclisti, per esempio: sono la metafora di uno sforzo ascetico, di un impegno che ha come fine la vittoria dell'atleta non sugli altri, ma su se stesso". È l'anima "realista" di Sassu, che appunto vuole aderire "alla vita d'ogni giorno", affrontando temi popolari, di immediatezza quotidiana con un fare "spontaneo", quasi, ma solo apparentemente, "naif". Che riesce a realizzare, con maggiore, intenzionale corsività, in quel medesimo anno, in una serie di vedute cittadine d'una poeticità come istintiva, libera dai diaframmi di un vedere convenzionale, "saputo", e invece carica di stupori e curiosità fiabesche. Lo si può constatare in mostra in alcune immagini suggestive dipinte sempre nel 1929, da Viale Montenero a La freccia, o tra quell'anno e il seguente, come La strada e la ciminiera e Studio per paesaggio urbano con taxi, visioni di una Milano che cresce lungo direttrici di sviluppo urbanistico nuovo, che Sassu registra con un'adesione umile, da semplice cittadino che tra quelle strade, entro quelle case vive e lavora, circondato da uno scenario dinamico, percorso dalle rotaie dei tram, dai segni di un traffico che va facendosi intenso, ed anche con le impalcature di una "città che sale". Non tuttavia vissuta boccionianamente, con una partecipata tensione all'incipiente industrialismo che accentuava -potenziandolo energeticamente, con una proiezione profetica verso il futuro, di cui Antonio Sant'Elia fu il campione -una realtà ben più modesta, in Italia allora inconfrontabile con gli agglomerati metropolitani di altri paesi, europei e soprattutto d'oltre Oceano. Ma in ogni caso più dinamica, più affollata, più nervosa di quella, sotto tono, che l'artista fissa sulle sue tele e sui suoi fogli, le une e gli altri pagine di un diario privato, da avvicinare piuttosto alle vedute parigine di un Utrillo, riferimento (non modello, né sul piano dell'ispirazione né su quello stilistico) più pertinente, ormai, di quello ai compagni di strada tardo futuristi che Sassu aveva appena abbandonato. Non ne condivideva l'ideologia del progresso, che giudicava, esterna, sovrastrutturale, che non sentiva propria, non diversamente dalle forme rigide, dalle sintesi ferme di certi paesaggi industriali attorno ai quali pure s'era cimentato, fino proprio a quel medesimo 1929, data di due lavori in questo senso esemplari, La fabbrica e Fabbriche: l'uno e l'altro (il secondo in misura maggiore) partecipi di un compositivismo mentale "astratto", per riprendere il giudizio del pittore sul primo quadro dei Ciclisti, appunto per ciò da lui non appieno considerato, a favore di altre, posteriori versioni, tra le quali viene esposta quella, del 1930, ad encausto su cartone, che costituisce la fase di passaggio verso la maggiore, anche quantitativamente, di tali "istantanee" di giovani corridori colti nei momenti precedenti la partenza della gara, di cui Sassu aveva esperienza personale. […]

Fuori, quindi, di una successione di fasi nettamente differenziate, che riconferma il peculiare coesistere in Sassu di propensione per l'aderenza al vissuto e di desiderio di forme archetipali, che colloca le sue opere in un'area estranea al novecentismo come ad un realismo mimetico o a un espressionismo solo soggettivo, e dà ragione della bivalenza, in termini linguistici diversi, degli stessi Ciclisti del 1929, da non limitare nella loro componente primitivista, anche là congiunta con idealità primordialeggianti. Del resto, sappiamo, il nodo primitivismo-primordialismo è assai stretto, come si può constatare, sempre nel Sassu tra 1929 e 1930, in una serie di disegni con teste maschili di cui si danno in questa occasione per la prima volta alcuni saggi significativi. Piuttosto elaborati, ad inchiostro blu o rosso su carta o cartoncino, essi vedono infatti affrontarsi due diverse tipologie fisionomiche e tematiche, scalate parallelamente a cavallo dei due anni. Un primo gruppo offre volti dai tratti più stereotipati, dall'espressione chiusa e dura, di intonazione classicheggiante, riflessa talora nei titoli autografi: Alessandro Magno, Condottiero, Imperatore. Un secondo, invece -cui fa da cerniera una Testa di atleta dai muscoli possenti modellati con rigore ancora classicheggiante, ma con labbra, naso, zigomi, più marcati, realistici, che in altri fogli raggiungono effetti di maggiore espressività -ha accenti più popolareschi e diretti, aperti alla manifestazione degli stati d'animo. […]

Il primitivismo di Sassu non è circoscritto all'interesse per un' umanità umile, dai sentimenti e dalle aspirazioni più elementari. Si rivolge anche a soggetti religiosi con una spiritualità calata nella quotidianità e pervasa da una partecipazione emotiva immediata, di intonazione, ancora, popolare, fuori di concettualismi dogmatici o di preoccupazioni didattiche. Ne discendono dipinti di tema sacro carichi di sapore, che quasi celano le "fonti" colte (s'è sopra ricordata la predilezione di Sassu per l'Angelico e Masolino) e riescono ad incarnare le due anime della poetica e della pittura dell'artista in figurazioni dense di idealità e insieme, senza però svilirne il contenuto spirituale, di "spontanea " umanità. È qui che interviene lo stimolo, anzi, meglio, l'influenza, del pensiero di Persico, profondamente religioso, di una religiosità vissuta con passione, però interrogativa, e quindi non appagata, di cui il critico si faceva apostolo tra gli artisti. Quelli, ovviamente, che, come Sassu, per natura e cultura potevano essere predisposti all' accoglimento di un siffatto messaggio. È il caso, con Sassu, di Manzù, di Grosso, di Birolli, di Tomea, nei primi anni trenta, all'interno di un'analoga predisposizione al primitivismo che lega le diverse personalità. […]

Sassu primitivista 1929 - 1931, a cura di L. Caramel  con la collaborazione di C. J. Sassu Suarez, Museo Civico di Belle Arti,  Ed. Fondazione Aligi Sassu, 2000, Lugano.