L'Hispanidad
Marina Pizziolo

"Ora sono un 'islefio', un isolano di Maiorca": inizia così il capitolo che nella sua autobiografia, recentemente pubblicata, Sassu ha voluto dedicare alla Spagna. "[...] sono un innamorato della Spagna, che cominciai ad amare molto prima di conoscerla": un amore che si è esteso col tempo all'hispanidad, alla cultura latino-americana, a quanto di vivido e passionale ha trovato espressione nei grandi dipinti murali dei messicani Siqueiros, Orozco, Rivera, a quanto pulsa nella lussureggiante natura delle Baleari, come del Sudamerica.

Dall'incontro con la cultura spagnola nasce il ciclo delle tauromachie. "È folklore dipingere un motivo già scontato innumerevoli volte, come dei soggetti di corride o di spagnolerie, in un mondo che cambia continuamente? Perchè non è un motivo solido di colore, di forma, di composizione, di emozione, di ritmo e di umanità?", si interroga Sassu. "Sangue morte fiesta; lotta per emergere dei toreri. Tutto un mondo che si agita intorno a questo rituale di morte e di allegria, non è forse uno dei tanti fatti e aspetti di cui l'uomo è protagonista?". Lo spettacolo della corrida è una battaglia, come quelle che ha tante volte dipinto, ma solo immaginato. È il duello dell'uomo contro la morte, del rosso contro il nero, della luce contro il buio. E la morte il nero il buio sono sconfitti dal rosso, il rosso della vita, l'astuzia della muleta: che il colore della morte, il sangue del toro, non può macchiare.

[…] È stato l'incontro con Picasso a stimolare l'interesse di Sassu per la tauromachia: "Fu lui il primo che mi svelò con le parole giuste il senso vero della corrida". Sempre secondo una testimonianza dell'artista, però, una

prima suggestione gli era stata trasmessa da una delle più celebri interpretazioni di Rodolfo Valentino, Sangue e arena, film tratto dal romanzo di Blasco Ibafiez, che da ragazzo era andato a vedere almeno una decina di volte. La Spagna, teatro di quella guerra civile che aveva rappresentato per i giovani degli anni trenta, come Sassu, la possibilità di provare a opporsi, di rivendicare, non solo a parole, una possibilità di riscatto epico, torna prepotentemente a infiammare le tele, con un colore che protesta il suo alto gradiente passionale.

Risale al 1964 la scoperta di Maiorca: l' isola dove all' artista si rivela la magia della luce.[…]

Intorno alla metà degli anni settanta, si colloca una straordinaria serie di paesaggi, che raccontano l'incontro di Sassu con la splendida natura di Maiorca. La scoperta dell'isola coincide con quella della pittura ad acrilici, che con la loro rapidità di asciugatura, con la possibilità immediata di sovrapposizione e di sovrascrittura, offrono a Sassu il medium ideale per saldare forma e colore. La superficie si fa trama segnica, rivelando una lichenica nervatura: il colore, linfa dell'immagine, pulsa, conservando il concitato tracciato della stesura. Gorg blau en primavera, A la orilla del bosque, Atardecer en la carretera de Formentor, nella preziosità del loro piccolo formato, propongono minute schegge dove la visione del reale dispiega tutta la sua poesia.

L'intensa frequentazione del paesaggio sembra ubbidire all'esigenza di preparare un fondale per una storia ancora da scrivere: il racconto dei miti mediterranei. L'isola di Maiorca è il luogo di quell'apparizione attesa. La "primordialità eccitante" del colore è il tramite scelto da Sassu per la messa a fuoco di un fondale che se sembra smarrire i suoi profili sotto l'impeto di una mareggiata di colore, come ne La Foradada, attiene comunque al racconto di un'esperienza del vedere che, per quanto straordinaria, è situata nel tempo.

Aligi Sassu Antologica 1927-1999, a cura di  Marina Pizziolo con la collaborazione di Carlos Julio Sassu Suarez, Skira, Milano,1999.