Futurismo […]
Brevissima dunque l'esperienza futurista di Sassu, tuttavia
giovanilmente intensa, e che offre comunque una sufficientemente
esplicita sua interna dinamica evolutiva. Disperso finora La madre,
esposto dunque nella mostra alla Galleria Pesaro nell'autunno 1927, del
primissimo lavoro futurista di Sassu - che corre appunto lungo tale anno
- rimangono diversi piccoli studi, che bene indicano il primissimo
orientamento immaginativo e linguistico dell'artista ancora in realtà
quindicenne. Sono quelli pubblicati in buona parte nel volumetto che
Luciano De Maria ha dedicato una ventina d'anni fa alla breve ma acuta
esperienza futurista di Sassu. Studi di animali (Unicorno, Leonessa,
Leone, Cavallino rampante eccetera) o di figurine umane (La cinese ,
L'angelo, L'anfora, Istitutrice inglese, L'orientale, Il discobolo, Il
palanchino, Mario Bosisio eccetera, fino all'Uomo meccanico, e Uomo che
cammina, che sembrano suggerire -particolarmente il secondo -costumi
scenici), firmati con l'accento (indicato come un piccolo cuneo), chine
e matite colorate su foglietti di piccolissime dimensioni. La
stilizzazione a squadratura meccanica dei quali, assai robotica e
ammiccante nel suo disteso sintetismo plastico, se in senso lato rimanda
a modelli marionettistici "meccanici" deperiani, di
rarefazione plastico-spaziale alquanto "metafisica", da presso
invece richiama i modi del lavoro che il di poco più giovane (ma a
quell'età cinque anni contano molto) Munari andava sviluppando fra
stilizzazioni grafiche e stilizzazioni formali oggettuali (di
costruzione tubica) in rapporto alla progettazione e realizzazione di
ceramiche, tipicamente di un particolare favolismo macchinistico, venato
di provocante ironia, quasi un' autoironia favolistica frutto di una
visione "meccanica" della natura. Si
tratta di figurine isolate su un fondo compatto, squadrate nei profili,
e d'un altrettanto squadrato spessore. Come appunto nel caso dei
bozzetti per ceramiche di Munari, segnano l'innesto di umori assai
rastrematamente narrativi in un impianto di robotizzazione meccanica che
si inserisce pienamente nella mentalità della poetica di un'"arte
meccanica" allora ancora dominante nell'immaginario futurista.
Corrispondente dunque a una geometrizzazione delle forme, dei loro
profili e del loro spessore, e a una distensione del colore in piane
zonature uniformi. Come evidentissimo in particolare nella
pittoricamente più elaborata tempera Testa d'uomo. Altri
piccoli studi, sempre del 1927, propongono invece situazioni compositive
più articolate, d'impianto fortemente dinamico: ancora da singole
figure, come Motociclista, a dispiegamenti dinamici scenici, come nel
caso di Dinamismo di un robot, e di
Gli sciatori. Fino alla configurazione di situazioni
scenico-ambientali articolate, di impianto sempre "meccanico",
ove agiscono figurine robotiche e si presentano macchine protagoniste;
come in Treno, Fonderia, Aeroplano + sole, Auto in corsa, Altiforni,
Minatori eccetera. Ma ove anche l'organizzazione compositiva confida non
soltanto sulla qualità formale delle presenze macchinistiche, coinvolte
nel dinamismo di una loro attività in corso, quanto anche sull'intensità
del risalto cromatico, che pur fondamentalmente piano s'arricchisce
d'articolazioni proprio attraverso la complessità meccanico-dinamica
della scena. Evidentemente sono progetti di dipinti, il cui previsto
acceso cromatismo v'è suggerito da un impiego più compatto dei
pastelli. Ed è proprio sul passo d'una tale complessità scenica
dinamica "meccanica" che si registra la continuità del lavoro
futurista di Sassu fra 1927 e inizio del 1928. I
temi richiamano il macchinismo praticato dall'immaginazione di Fillia,
con un accento sull'esaltazione del lavoro industriale e proletario, che
declina in modo particolare venatamente classista la celebrazione della
"macchina".[…] AI
di là del livello di studi e bozzetti il traguardo più rappresentativo
di questa ricerca sembra essere l'olio su cartone L'uomo che si abbevera
alla sorgente, del 1927, che Sassu espone l'anno seguente nella Biennale
veneziana, assieme a Nudo plastico, d'una consistenza volumetrica già
alquanto diversa. La figura, ancora assai robotica nel suo stesso
anonimato personale si distende come una grande, complessa, struttura
formale, definita non più piattamente ma attraverso un rialzo
chiaroscurale (ma tutto cromatico), che altrettanto si registra nelle
indicazioni sceniche ambientali che suI profilo della figura
protagonista premono nella loro squadrata strutturalità. […] Tuttavia
un piccolo olio superstite del 1927, ma presumibilmente successivo,
quale Porta Venezia -comprovato del resto dal disegno preparatorio, e da
altri affini, come Il porto -indicano (qualora la datazione ne sia
comprovata) che appunto in Sassu stava intanto maturando, nella
traduzione pittorica, anche l'esigenza d'una maggiore complessità
d'elaborazione dello spessore cromatico. […] L'
altro dipinto proposto da Sassu nella Biennale veneziana del 1928, Nudo
plastico, data già a tale anno, ma sembra più consecutivo a un
approfondimento dell'intenzionalità d'accenno volumetrico presente in
L'uomo che si abbevera alla sorgente, che non inserito in quello
svolgimento d'arricchimento del tessuto della stesura cromatica che si
registra nella traiettoria ipotizzabile fra i dipinti innanzi
considerati. Nudo plastico risale a studi del 1927 d'impianto ancora
molto squadrato, meccanico-robotico, ma che nella traduzione pittorica
-che pure complessivamente risulta di impianto chiaramente rispondente a
prospettive d'"arte meccanica"- s'arricchisce d'una
modulazione cromatica d'intenzione d'accenno volumetrico indubbiamente
nuova. […] Un
gruppo di disegni del 1928 e del 1929 costituiscono studi di corpi
impegnati in azioni dinamiche, di lavoro o di lotta (Miniera, Minatore,
Fabbro, Fabbro al lavoro, La rissa, Uomini che lottano),
ove si manifesta anche una filtrante fascillazione boccioniana, e
certamente ricorre la questione del "dinamismo e riforma
muscolare". Vi s'avverte in particolare la preoccupazione di una
plasticità (chiaroscurata) che sembra volersi staccare da definizioni
formali piane e da un cromatismo piatto. […] D'altra
parte fra 1928 e 1929 corre anche l'impegno di Sassu per illustrare il
testo marinettiano Mafarka il Futurista. E in quel lotto d'una ventina
di disegni, monocromi, a pastello verde o viola, il dinamismo si fa
piuttosto visionario, nel movimento dei corpi affollati e delle fluide
masse dinamiche, sul presupposto d'una riconquistata flessibilità
plastica volumetrica. Vi appare qui evidente un richiamo ideale al
dinamismo volumetrico filamentoso di Previati (che del resto Boccioni
stesso aveva, com'è noto, particolarmente apprezzato). Il
1929 è un anno non soltanto di evoluzione linguistica, nella ricerca di
Sassu, ma anche di maturazione di prospettive che lo portano a prendere
le distanze dal Futurismo. […]
La
partecipazione alla mostra alla Galleria Milano nell'aprile 1930, dopo
l' assenza dunque motivata nella mostra futurista alla Galleria Pesaro
nell'ottobre dell'anno prima, segna il distacco di Sassu dall'esperienza
futurista. Nella quale ha dunque speso, non improficuamente, poco più
d'un paio d'anni di ricerca. Altre infatti le sue prospettive come
chiaramente maturate in sviluppo evolutivo fra 1930 e 1931, fra dipinti
quali I bevitori, del 1930, d'una massività plastica attenta a Carrà e
persino al Picasso figurativo che allora interessava anche Guttuso, e i
più sciolti e corsivi I calciatori e Argonauti, o alcuni paesaggi
urbani, del 1930 stesso, e poi i già del tutto tipici Uomini rossi,
Giocatori di dadi, e un altro I ciclisti, del 1931. Il dialogo allora è
con altri giovani, con Birolli, in particolare, e la personalità
pittorica di Sassu va definendosi così più compiutamente nei termini
della sua rilevante presenza nel dibattito milanese negli anni trenta.
Altre ormai d' altra parte le vicende del gruppo futurista milanese,
guidati sempre da Munari. […] Sassu futurista 1927 -1929, a cura di E. Crispolti, A. Giglio, con la collaborazione di C. J. Sassu Suarez, Skira, 1999, Milano. |
|