La denuncia sociale Le
degenerazioni populiste dell'arte sostenuta dal PCI mostreranno d'altra
parte, nel giro di qualche anno, l'inconsistenza ideale del realismo, in
quanto dogma culturale. Nel 1957 proprio Guttuso, che era stato uno degli
alfieri della necessità di un'arte rivoluzionaria, sosterrà l'opportunità
di approfondire invece "la riflessione critica sulle questioni
artistiche, sulle fonti del realismo moderno", dato che "non
poteva e non può parlarsi ragionevolmente di un realismo socialista,
dove, come da noi, non esiste una realtà socialista". Per concludere
che: "Chi pretende di dividere il mondo in due: arte astratta-arte
realista, senza comprendere quanto di realtà ci può essere in un'opera
classificata astratta, e quanta astrattezza in un'opera classificata
realista, è un settario e non un filosofo". Ma ormai, dopo la crisi
degli intellettuali di sinistra provocata dalla vicenda ungherese,
l'utopia del realismo socialista era svanita. Quella
di Sassu è dunque una declinazione personale del realismo di ispirazione
sociale, che troverà modo di esprimersi in complessi cicli anche negli
anni sessanta, in tempi dunque non sospetti di ortodossia politica. Nei
Minatori, studio di un frammento del grande affresco che Sassu realizzerà
nella foresteria delle miniere di Monteponi, in Sardegna, lo stesso
soggetto che nel 1928 era stato espediente di una riflessione formale si
presta a una plastica celebrazione della dignità del lavoro. La
semplificazione formale ubbidisce all'intento monumentale: la messa in
quadro esalta la forza dei minatori, compressi nell'angusta cella che li
trasporterà nel buio della terra. Dello stesso anno e di intonazione
simile è La mattanza, della Galleria d'Arte Moderna di Genova. La visuale
scelta dall'autore esprime la sua presa di posizione, nella drammatica
lotta dei pescatori contro quel mare rosso sangue. Poco più tarda è
invece una serie di vedute del porto di Savona. Ancora una volta la
ripresa del reale non si riduce a passiva trascrizione: per Sassu la
pittura non può essere infatti veicolo inerte di un contenuto, ma sempre
idea pittorica: "La pittura è poesia prima di essere verità".
Ecco che Il molo giallo riesce allora a piegare la severità della
rappresentazione alla squillante fioritura del colore. Ma, se il colore è
forma poetica della realtà, deve anche essere duttile strumento della
temperie psicologica dell'immagine. Per la compatta avanzata degli
scioperanti, Sassu ritrova quindi la livida tavolozza che aveva utilizzato
per dipingere Spagna 1937. Il rosso per Sassu è il colore della vita: il colore della
morte è il colore del freddo. Ma
i temi sociali non sono l'unica fonte a cui attingere: la violenza è
sempre pronta a vestire nuove uniformi. Le drammatiche vicende dell'
Algeria, in lotta contro la Francia per la propria indipendenza, trovano
così un'accorata denuncia in una serie di tele eseguite all'epoca dei
fatti, sull'onda emotiva delle notizie che arrivano in Italia. Les femmes
d'AIgeri richiama, solo nel titolo, l'omonimo quadro di Delacroix. I parà
francesi sono la ferina rappresentazione della violenza che stanno
consumando: il colore divora i loro lineamenti fino a distruggere le loro
fattezze umane. L' allucinato racconto è condotto con una stesura del
colore che ubbidisce alle ragioni emotive dell'immagine. Nell'urgenza
dello sdegno non c'è il tempo di sovrapporre al reale la maschera
rassicurante di una forma ponderata. È quello che accade anche
nell'angosciata visione dell'Inferno.
Drammatica evocazione delle forze del male, rese con una scrittura
allusiva che forza al limite l'assonanza realistica. Travolte,
invece, dall'esuberanza neoespressionista del colore, ma in un senso
gioiosamente vitalistico, sono un ciclo di opere che Sassu ha dedicato a
Il popolo dei blues. […] E ai neri d' America è dedicato anche un altro ciclo ispirato alla celebre poesia Anch'io sono l'America. In questi acrilici, però, il colore non consuma l'immagine, che aggredisce invece lo spazio con l'evidenza del violento contrasto dei colori primari. |
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